LIBERAMENTE

Giuseppe Veropalumbo aveva trent’anni e come mestiere faceva il carrozziere. 

Era in attesa della mezzanotte, con la sua famiglia, nella abitazione al nono piano in Torre Annunziata, nei pressi del degradato Quartiere delle Carceri, covo e base di clan camorristici. Un bacio alla figlia Ludovica, di appena quattordici  mesi, che avrebbe voluto trattenere con se’ per festeggiare il nuovo anno.  Un proiettile, una balorda traiettoria. Una vita distrutta in un soffio. Fatalità?

26 novembre 2016. Ribush.  Carmela Sermino, moglie di Giuseppe e madre di Ludovica,  illustra il perchè la morte del marito non è “morte per caso o per sbaglio”. Ricorda la notte di sette anni fa, la sua famiglia di allora, i sogni spezzati. Ma racconta anche di questi anni, della svolta che ha avuto la sua vita, della sua lotta per scoprire la verità e per avere giustizia. Una giustizia che non avendola annoverata tra le cd “vittime di camorra”, a causa di un inspiegabile vuoto legislativo,  ha negato a lei e a sua figlia qualsiasi sostegno.  Carmela, tuttavia, non si arrende, è intenzionata a scuotere le nostre coscienze, ha voglia di farci partecipi della sua lotta e dei suoi  progetti, destinati  a dare giustizia e aiuto  alle  tante vittime che, come Giuseppe, sono colpevoli esclusivamente di risiedere in una delle tante zone difficili del territorio, nelle quali lo Stato è assente, esortandoci a parlare liberamente di un dramma che appartiene a tutti noi in quanto parte integrante della nostra terra. 

L’associazione Art.Tre ha colto al volo questa opportunità: quella di mantenere in vita Giuseppe attraverso il ricordo e di condividere l’impegno esemplare di  promuovere, in un territorio dove si combatte una guerra non dichiarata, iniziative contro chi, ogni giorno,  sottrae a vittime innocenti e ai loro familiari sogni, speranze e futuro.

ART.TRE 

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