L'ombra del Gatto
Sornioni, indipendenti, maledettamente curiosi, vanno a zonzo come vogliono, con passo felpato gironzolano per le strade, nei vicoli, nei giardini, volano sui tetti e urlano alla luna un canto d'amore e di libertà.
Sono i gatti, padroni di se stessi e delle città, sanno godersi la vita anche quando la vita fa male. Alfonso Gatto amava i gatti, si identificava con loro tanto da firmarsi con la “g” piccola di gatto. Anche lui era un randagio, padrone di tutte le città che ha abitato e di cui conosceva tutti gli angoli segreti che gli si rivelavano col “terzo occhio”, quello del cuore.
L'ombra del Gatto, del gatto poeta, ci ha inseguito fin da quando eravamo ragazzi e perlustravamo Salerno, la città vecchia dove era lui nato, cercando di raccontarla con il suo “terzo occhio”, fermando con l'obiettivo presenze che normalmente sfuggono allo sguardo distratto di chi vive la città senza viverla davvero, ignara della verità che nasconde sotto la superficie. Nel 1976, con la voce narrante di Giuseppe Gatto, pubblicammo un libro fotografico “Aglo”, un viaggio interiore tra architetture e volti, che doveva avere la presentazione dello zio di Peppino. La morte giunse inattesa, ci resta solo un frammento di quello scritto mai completato che allora, per pudore, decidemmo di non inserire nel volume.
Oggi si è fatta forte l'urgenza di riprendere quel cammino, siamo tornati sui nostri passi, ancora una volta seguendo l'ombra del Gatto-gatto, scegliendo particolari-ombre di una città in mutamento. Senza cedere alla nostalgia che sa di rimpianto, ma alla nostalgia che reca in sé la speranza del futuro. Certo non ci sono più le persone, i bambini che giocano per strada, gli artigiani, le donne che si scambiano inciuci nei cortili o dai balconi. C'è solo il tempo fermo di resti del passato che affiorano all'improvviso in una piazza, un androne, una viuzza.
Ma c'è il tempo eterno della poesia, graffiata su intonaci screpolati, colorata su muri fatiscenti destinati all'oblio, che riprendono a pulsare di vita con la voce ardente di Alfonso, il cantore luminoso delle piccole cose.
Corradino Pellecchia & Francesco Siano